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Sanità siciliana in emergenza, denuncia FISMU: privato incentivato, pubblico abbandonato

2025-05-12 06:00

Redazione

seconda,

Sanità siciliana in emergenza, denuncia FISMU: privato incentivato, pubblico abbandonato

Il 70% degli accessi ai Pronto Soccorso riguarda casi non urgenti. I medici FISMU denunciano: "Manca personale, si investe poco, si spreca troppo"

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Il 70% degli accessi ai Pronto Soccorso riguarda casi non urgenti. I medici FISMU denunciano: "Manca personale, si investe poco, si spreca troppo"

 

Emergenza Sanità in Sicilia: la denuncia della FISMU

Un film già visto, ma ogni volta più drammatico. 

La sanità pubblica siciliana è in crisi strutturale e il malcontento tra gli operatori del settore cresce giorno dopo giorno. 

Secondo la Federazione Italiana Sindacale dei Medici Uniti (FISMU), la Regione Sicilia continua ad affrontare in maniera superficiale e disorganica problemi che richiederebbero un’immediata e profonda riforma di sistema.

Al posto di affrontare alla radice i problemi delle liste d’attesa e della carenza di personale, la Regione ha scelto ancora una volta di incentivare il settore privato, aumentando il divario tra chi può permettersi una visita a pagamento e chi è costretto ad attendere mesi per una prestazione pubblica.

La Regione naviga a vista e continua a ricorrere a scorciatoie, come finanziare il privato per tamponare l’emergenza delle liste d’attesa, senza affrontare le vere cause del problema”, denuncia il segretario regionale FISMU, Emanuele Cosentino. “Una soluzione apparente, che però non fa che rimandare e aggravare una crisi ormai sistemica”.

 

Professionisti in fuga e personale sovraccarico

Sempre più medici siciliani scelgono di trasferirsi in altre regioni o all’estero, attratti da migliori condizioni economiche, organizzative e da ambienti di lavoro più sostenibili. 

Altri invece preferiscono lavorare per il settore privato, dove trovano maggiore riconoscimento e meno burocrazia.

Intanto, chi resta nel pubblico si trova schiacciato da turni infiniti e da una burocrazia paralizzante, costretto a colmare le carenze strutturali di un sistema sanitario regionale che ha smesso di investire nel capitale umano e nelle infrastrutture.

“Il personale è insufficiente e sfruttato. Molti colleghi hanno già abbondantemente superato i limiti orari previsti. I fondi si sprecano e la medicina territoriale è abbandonata. Manca visione, manca coraggio e manca una cabina di regia efficace”.

Questo scenario ha un effetto a catena: non solo peggiora la qualità dei servizi erogati, ma rende sempre meno attrattivo l’intero sistema per i giovani medici e operatori sanitari in formazione.

 

Pronto Soccorso intasati da casi non urgenti

Un dato su tutti fotografa il fallimento della rete territoriale: il 70% delle prestazioni in Pronto Soccorso riguarda codici bianchi e verdi, ovvero pazienti non urgenti che dovrebbero essere seguiti dal medico di base o da ambulatori specialistici distribuiti sul territorio.

Questa situazione è il sintomo della mancanza di un sistema di assistenza primaria funzionante. I cittadini, in assenza di alternative, si riversano nei pronto soccorso per patologie che dovrebbero essere gestite a monte.

Cosentino ricorda che la legge regionale n. 5 del 2010 prevedeva i PTA (Presidi Territoriali di Assistenza), antesignani delle attuali Case di Comunità, ma il progetto è rimasto lettera morta nonostante la disponibilità di immobili pubblici già idonei all’uso.

“Le Case di Comunità rischiano di essere scatole vuote, se non si definiscono accordi regionali con medici di medicina generale, specialisti ambulatoriali e infermieri. L’ultimo confronto con la Regione risale a novembre e da allora tutto è fermo. Nessun segnale di ripresa, nessuna pianificazione”.

 

Ospedali da riorganizzare e territori scoperti

Il progetto di modernizzazione della rete ospedaliera è una “tela di Penelope” che viene continuamente tessuta e disfatta. Gli interventi annunciati non vengono attuati, i finanziamenti del PNRR non vengono spesi in modo efficace e le aree interne e disagiate restano prive di copertura sanitaria adeguata.

La FISMU propone un piano realistico e attuabile: alcuni piccoli ospedali possono essere riconvertiti in Case della Comunità, ma solo a condizione che vengano realmente attrezzati, con diagnostica di base, servizi essenziali e personale dedicato.

Nel frattempo, i grandi ospedali di Catania, Messina e Palermo continuano a essere presi d’assalto, anche a causa dell’elevato afflusso di turisti e del mancato potenziamento dell’assistenza domiciliare per pazienti fragili e cronici.

“I Pronto Soccorso vengono trattati come ambulatori di base: una distorsione del sistema che va corretta con urgenza. Serve una nuova geografia della salute che parta dal territorio e valorizzi ogni presidio esistente”.

 

118 nel caos: mezzi vecchi e organici dimezzati

Il servizio di emergenza-urgenza 118, che dovrebbe rappresentare l’anello di congiunzione tra territorio e ospedale, è oggi in stato di disintegrazione organizzativa.

Le diverse componenti del sistema rispondono a entità differenti: medici e infermieri dipendono dalle ASP, mentre altri operatori sono gestiti da società a capitale pubblico con logiche da impresa privata, che mal si conciliano con il servizio pubblico.

“Mancano 250 medici. Il personale è stato ridotto di due terzi rispetto alla pianta organica, i mezzi di soccorso sono spesso obsoleti e malmessi. Nei periodi festivi si lavora a ‘scacchiera’, spesso senza medico a bordo, mettendo a rischio la vita dei pazienti e la serenità degli operatori”.

Le Centrali Operative, anziché garantire una regia unica e condivisa, operano secondo logiche parziali, talvolta personalistiche, incapaci di rispondere con efficacia alle esigenze di un sistema integrato.

 

Le proposte FISMU per invertire la rotta

La FISMU lancia un appello forte e deciso a tutte le sigle sindacali e ai decisori politici: serve un progetto serio e condiviso da presentare alla Regione Sicilia. È tempo di sedersi al tavolo e progettare un futuro che rimetta al centro il diritto alla salute dei cittadini.

Tra le proposte urgenti:

Sbloccare subito le trattative con i medici di medicina generale e del 118, ferme da mesi

Riconvertire gli ospedali minori in Case della Comunità funzionali, con diagnostica e specialisti dedicati

Integrare le Case e gli Ospedali di Comunità in una rete sanitaria territoriale moderna, efficace e coordinata

Riformare profondamente la rete 118, restituendogli centralità e capacità di risposta vera alle urgenze

Prevedere risorse adeguate e compensi dignitosi per i medici di famiglia, gli specialisti ambulatoriali e il personale del 118

Eliminare le esternalizzazioni improduttive e mettere fine agli sprechi strutturali

Riprogrammare il fabbisogno formativo per trattenere i giovani professionisti e garantire il ricambio generazionale

“Senza una nuova rete ospedaliera, senza accordi strutturali con i medici, senza coraggio e visione, la riforma resterà un sogno irrealizzato. E i fondi del PNRR si trasformeranno nell’ennesimo spreco. Serve un vero cambio di rotta, ora”.

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