
Il consumo di alimenti ultra-processati mette seriamente a rischio la nostra salute e aumenta significativamente la mortalità prematura: scopriamo insieme cosa rivela un recente e approfondito studio internazionale.
Il problema, purtroppo, è molto più grave di quanto tendiamo a immaginare nella nostra vita quotidiana. Un recente studio, pubblicato sull'autorevole American Journal of Preventive Medicine, evidenzia che il consumo abituale di cibi ultra-processati – inclusi snack confezionati, dolciumi industriali, carni lavorate come wurstel e salsicce, bevande zuccherate e bibite gassate – può incrementare notevolmente il rischio di morte precoce, specialmente nella fascia d’età compresa tra i 30 e i 69 anni.
Secondo i ricercatori, guidati dal dottor Eduardo Augusto Fernandes Nilson della Fondazione Oswaldo Cruz in Brasile, ogni incremento del 10% del consumo di questi alimenti ultra-processati si associa a una crescita del 3% del rischio di morte prematura.
Ma perché accade tutto questo?
Non è soltanto la presenza di ingredienti malsani e noti come zuccheri raffinati, grassi saturi e sale in eccesso a creare problemi. La vera insidia, spesso trascurata, risiede nei processi industriali che trasformano radicalmente gli alimenti, introducendo sostanze chimiche come additivi, coloranti artificiali, aromi sintetici, dolcificanti industriali ed emulsionanti. Questi elementi artificiali non solo rendono il prodotto più appetibile ma contribuiscono attivamente e in maniera significativa al deterioramento della salute, incrementando il rischio di numerose malattie croniche come obesità, diabete, ipertensione e patologie cardiovascolari.
Questo studio internazionale, che ha analizzato le abitudini alimentari di oltre 240mila persone provenienti da otto differenti Paesi, ha fornito dati estremamente preoccupanti. Ad esempio, negli Stati Uniti, dove il consumo di questi prodotti supera abbondantemente il 50% dell’apporto calorico giornaliero, sono stati attribuiti circa 124mila decessi prematuri nel solo 2018 a questa pessima abitudine alimentare. La percentuale dei decessi evitabili associati al consumo di alimenti ultra-processati varia considerevolmente da un Paese all'altro: dal 4% nelle nazioni con il consumo più moderato fino al 14% in quelle, come appunto gli Stati Uniti, dove la diffusione di tali alimenti è estremamente elevata.
Guardando agli altri Paesi coinvolti, emerge un quadro altrettanto preoccupante: in Colombia il consumo di cibi ultra-processati corrisponde a circa il 15% dell’apporto energetico totale, mentre in Brasile il valore sale al 17,4%. Il Cile raggiunge addirittura il 22,8%, e il Messico si attesta intorno al 24,9%. In Canada, invece, la cifra è ancora più alta e raggiunge il 43,7%.
Questi numeri drammatici impongono una riflessione urgente e, soprattutto, l'adozione di politiche incisive e concrete a livello globale. È fondamentale incentivare strategie e interventi di salute pubblica mirati a ridurre drasticamente il consumo di alimenti ultra-processati, promuovendo invece modelli alimentari più sani e sostenibili, basati su cibi freschi, stagionali, locali e minimamente trasformati.
Per salvaguardare la nostra salute e garantire un futuro più sano alle prossime generazioni, è necessario ripensare seriamente alle nostre abitudini alimentari quotidiane.
La domanda che dobbiamo porci con estrema sincerità è semplice ma cruciale: vale davvero la pena mettere a repentaglio la nostra vita solo per il gusto momentaneo di questi prodotti industriali?