
Cos’è la malattia venosa cronica?
La malattia venosa cronica (MVC) è una patologia persistente, progressiva e spesso sottostimata, che colpisce un importante percentuale della popolazione mondiale.
Si tratta di una malattia multifattoriale, nella quale rivestono un ruolo importante sia fattori genetici che ambientali.
È caratterizzata da un ampio spettro di anomalie del sistema venoso derivanti dall’ipertensione venosa a carico degli arti inferiori. Più comunemente, questa ipertensione è associata a reflusso venoso derivante da un cattivo funzionamento o incompetenza delle valvole venose, che in definitiva riduce il ritorno venoso, portando a stasi circolatoria, ipossia e infiammazione.
Segni e sintomi
Le vene varicose rappresentano la manifestazione più comune della MVC. Si tratta di vene dilatate, tortuose, di colorito bluastro, il cui calibro è di almeno 3 mm.
Altri segni venosi della patologia includono le vene reticolari, di calibro inferiore ai 3 mm e le teleangectasie che vengono spesso erroneamente interpretate dai pazienti come “capillari rotti”.
Negli stati più avanzati della MVC, nei quali la patologia prende il nome di insufficienza venosa, compare l’edema e/o alterazioni cutanee quali eczema, iperpigmentazione e sclerosi cutanea con fibrosi sottocutanea (lipodermatosclerosi).
Nei casi più gravi si può assistere alla comparsa di ulcere, la cui localizzazione tipica è a livello sopramalleolare mediale, ma non sono infrequenti le localizzazioni alla regione sovramalleolarelaterale.
Nonostante queste alterazioni venose possano interessare qualsiasi vena nel corpo, il sistema venoso situato negli arti inferiori è di gran lunga la struttura maggiormente suscettibile allo sviluppo della MVC. Ciò è dovuto principalmente alla maggiore resistenza a superare la forza gravitazionale, che è notevolmente più elevata rispetto al resto delle regioni del corpo.
I sintomi della MVC comprendono vari gradi e tipologie di disturbi agli arti inferiori quali pesantezza, dolore, senso di tensione, bruciore e crampi, spesso esacerbati dalla stazione eretta prolungata e maggiormente presentialla fine della giornata.
Tali fastidi possono influenzare in modo significativo la qualità della vita della persona.
Epidemiologia e fattori di rischio
In linee generali, la prevalenza stimata della MVC varia dal 60 a 80%. Il rischio di soffrire di vene varicose è più elevato nelle donne rispetto agli uomini ed aumenta anche con l'età o in condizioni particolari come la gravidanza.
Le ragioni per cui le donne sono più propense a soffrire di MVC, risiedono su diversi fattori ormonali e fisiologici che le rendono più sensibili a sviluppare questa condizione.
Oltre al sesso femminile eall'invecchiamento, altri fattori quali sovrappeso e obesità sono direttamente correlati alla gravità della MVC.
Ciò potrebbe essere dovuto a molti effetti sinergici, tra cui lo stato pro-infiammatorio generalmente associato all'aumento dell'adiposità, e ad altri fattori, come una maggiore pressione intra-addominale, che può portare a un maggior reflusso, aumento del diametro delle vene e della pressione venosa.
La sedentarietà è un altro importante fattore di rischio per lo sviluppo e l'aggravamento della MVC così come la posizione seduta prolungata e, in modo più evidente, la stazione eretta prolungata.
Da non dimenticare la storia familiare di MVC che rappresenta un importante fattore di rischio predisponente.
Inoltre, non trascurabile è l’impatto della mancata o insufficiente azione di spremitura della “suola venosa” della pianta del piede nei frequentissimi casi di malappoggio plantare (piede piatto, cavo, valgismo dell’alluce).
Fisiopatologia della MVC
La MVC è una patologia multifattoriale che coinvolge meccanismi fisiopatologici complessi.
L'aumento della pressione venosa e la dilatazione delle vene determina una stasi circolatoria con conseguente infiammazione secondaria e alterazione dello shear stress (forza di scorrimento del sangue sulla superficie del vaso).
Ciò che è emerso negli ultimi anni è il ruolo chiave dell’endotelio, il tessuto che riveste l’interno delle pareti dei vasi sanguigni, nella progressione della malattia venosa. In particolare, l’ipertensione venosa determina attivazione in senso flogistico e disfunzione dell’endotelio.
In sintesi, l’esordio e la progressione della MVC sembrano essere associati a fattori predisponenti di genere, che si combinano con i fattori di rischio individuali e che favoriscono le alterazioni funzionali emodinamiche (reflusso e ipertensione venosa) ed endoteliali (infiammazione).
L’ipertensione venosa stimola quindi l’infiammazione endoteliale e l’infiammazione endoteliale favorisce il rilassamento venoso, dando origine alla cosiddetta patogenesi “circolare” e ridondante della MVC.
Diagnosi
La diagnosi della MVC si basa sulle caratteristiche cliniche e sui reperti strumentali.
In particolare, è necessaria un’attenta valutazione della storia clinica del paziente tenendo conto dell’eventuale familiarità, dei farmaci assunti o di altre malattie rilevanti.
Per quanto concerne la diagnostica strumentale, l’ecocolor doppler è l’esame di riferimento in quanto non invasivo, riproducibile, facile da usare e consente di ottenere informazioni importanti sulla funzionalità del sistema venoso.
Vale la pena sottolineare che non sempre tale esame è in grado di dirimere una eventuale diagnosi differenziale; non sono sporadici i casi in cui l’esame strumentale non evidenzia anomalie di rilievo in soggetti con evidente sintomatologia “flebostatica”.
Pertanto, nella valutazione di un soggetto con sintomi e/o segni di MVC è indispensabile una completa valutazione sia clinica che strumentale.
Terapia
In un paziente affetto da malattia venosa cronica, un pilastro fondamentale del trattamento è il cambiamento dello stile di vita: l’adozione di una dieta sana, il raggiungimento del peso ideale, evitare la stazione eretta prolungata, l’esposizione a fonti di calore e incrementare l’attività fisica.
L’incremento dell’attività fisica si rivolge soprattutto (ma non esclusivamente) agli arti inferiori.
Corsetta leggera o camminata: abolire pesistica.
La terapia medica si avvale di diverse strategie che possono essere utilizzate da sole o in combinazione, al fine di massimizzare la gestione clinica della sintomatologia, la progressione della malattia e quindi la qualità di vita dei pazienti prognosi.
In sintesi, gli approcci principali si basano su:
- terapia compressiva che ha impatto sull’emodinamica venosa e che viene solitamente eseguita con l'uso di calze a compressione graduata;
- terapia venoattiva e farmacologica che vanno ad agire su specifici meccanismi fisiopatologici della malattia e sulle manifestazioni sintomatologiche.
Vale la pena sottolineare che le terapie devono essere utilizzate sin dalle fasi iniziali della MVC per rallentarne la progressione e che l’aderenza alla terapia è necessario mantenerla per tutto l’anno dal momento che la patologia venosa è per definizione cronica e progressiva.
Nei casi più avanzati della malattia venosa, quando di fatto la patologia prende il nome di insufficienza venosa, il trattamento può avvalersi di interventi mini-invasivi come il laser e la radiofrequenza (trattamento dell’insufficienza della grande safena), la scleroterapia e la chirurgia (stripping, flebectomie).
Nessuno di questi può definirsi migliore dell’altro e nessuno può definirsi definitivo.
In particolare, la scleroterapia può essere impiegata anche ai fini estetici, sia per il trattamento delle vene varicose “minori” come le varici reticolari e le teleangectasie.
In breve, la tecnica consiste nell’iniezione di una soluzione sclerosante in forma di liquido o di schiuma direttamente nelle vene da trattare.
Tale soluzione causa un’irritazione chimica controllata delle pareti del vaso determinandone il restringimento e la chiusura. Nel tempo, tali varici verranno “riassorbite” naturalmente dal corpo e la loro funzione sopperita da circoli più fisiologici.
5 consigli
Per concludere questa breve disamina della MVC, desidero allegare cinque consigli utili per chi è affetto da tale patologia, soprattutto in vista della stagione estiva:
- Dormire mantenendo gli arti in una posizione più alta del cuore di circa 10 cm (ad esempio posizionando un rialzo sotto il materasso)
- Evitare la stazione eretta o seduta prolungata cercando di mobilizzarsi di frequente effettuando una breve camminata o degli esercizi di attivazione della pompa muscolare del polpaccio
- Evitare l’utilizzo frequente di tacchi alti o di calzature molto basse (es. infradito e ballerine) che pregiudicano la corretta funzione della pompa plantare e del polpaccio
- Ridurre il sovrappeso associando un’adeguata attività fisica almeno due-tre volte a settimana, prediligendo la camminata o, meglio ancora, l’attività in acqua, dal momento che la sola immersione in determina una pressione sul sistema venoso simile all'effetto di una calza elastica, a ciò si aggiunge il benefico effetto del freddo.
- Evitare l’esposizione a fonti di calore prolungate, il che non vuol dire non potersi esporre al sole ma che bisognerebbe evitare le ore più calde, rinfrescando con acqua fredda di frequente le gambe, in modo che siano sempre bagnate. Di grande utilità le passeggiate in riva al mare sul bagnasciuga.