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Diagnosi e cura della Nevralgia Post-Erpetica o da fuoco di Sant'Antonio

2025-01-20 06:00

*dott. Sergio Chisari - Specialista in Terapia del Dolore

Notizie, L'esperto risponde,

Diagnosi e cura della Nevralgia Post-Erpetica o da fuoco di Sant'Antonio

Una malattia insidiosa che può essere prevenuta con la vaccinazione e gestita meglio grazie a una diagnosi rapida e un trattamento mirato.

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Cos'è la Nevralgia Post-Erpetica (NPH)?

 La Nevralgia Post-Erpetica (NPH) è una complicanza cronica di tipo neuropatico dell'Herpes Zoster (HZ) comunemente chiamato fuoco di Sant'Antonio causata dalla riattivazione del virus varicella-zoster (VZV). 

 

Origini dell'Herpes Zoster

Dopo l'infezione primaria da varicella, solitamente contratta in età pediatrica, il virus rimane latente nei gangli sensibili del sistema nervoso o nei nervi periferici e in condizioni di immunosoppressione, stress o invecchiamento, il virus può riattivarsi, causando una reazione infiammatoria che danneggia i gangli sensibili spinali e cranici con le manifestazioni tipiche cutanee che consistono in arrossamento e comparsa di vescicole contenenti siero disposte lungo il percorso del nervi colpiti. 

 

Dati Epidemiologici

Il 70% dei casi di HZ diventa NPH e guarisce in circa un anno.

Il 33% evolve in NPH cronica.

La NPH si presenta nel 60% dei pazienti sopra i 50 anni e nel 75% di quelli oltre i 75 anni.

 

Le regioni maggiormente colpite sono:

Toracica: 55%

Lombare: 14%

Cervicale: 12%

Sacrale: 3%

Craniale: 15%

 

La nevralgia posterpetica (NPH) rappresenta una vera sfida terapeutica, data la complessità del meccanismo del dolore neuropatico e la variabilità di risposta ai trattamenti disponibili. 

 

La sua gestione richiede un approccio altamente specialistico e personalizzato, combinando diverse opzioni terapeutiche volte a ridurre il dolore e migliorare la qualità della vita del paziente. 

 

La difficoltà nella gestione è dovuta a diversi fattori: 

Cronicità del dolore: Il dolore neuropatico cronico è difficile da trattare, poiché spesso non risponde adeguatamente agli analgesici tradizionali. 

 

Variabilità interindividuale: Non tutti i pazienti sono ammessi allo stesso modo ai trattamenti, rendendo necessaria una strategia "su misura". 

Effetti collaterali dei farmaci: Molte opzioni terapeutiche hanno effetti significativi, specialmente nei pazienti anziani, che rappresentano la popolazione più colpita considerando soprattutto le varie comorbilità di cui sono affetti. 

 

PATOGENESI 

Circa la patogenesi della NPH sono stati chiamati in causa fattori molto diversi fra loro e questo spiega la diversità dei trattamenti proposti assieme alla mancanza di una chiara combinazione fra essi e il meccanismo patogenetico. 

 

L'unico dato universalmente condiviso è che nei soggetti che nell'infanzia hanno contratto la varicella, il virus varicella-zoster resta annidato per tutta la vita nei gangli sensibili e la sua riattivazione è impedita dall'immunità cellulare indotta dalla primitiva infezione. 

 

E' una riduzione delle difese immunitarie per permettergli di riattivarsi e riprendere a replicarsi.

 

Nel corso della vita, il rischio di riattivazione del virus con produzione dell'HZ sarebbe intorno al 30 %. 

La NPH sarebbe sostenuta dal persistere dell'infiammazione provocata dalla ri attivazione del virus che provoca lesioni parcellari della guaina mielinica che ricopre il ganglio spinale. 

 

La ganglioradicolite così avvenuta provoca un input anomalo sul corno dorsale del midollo spinale e il conseguente ipertono simpatico producono una vasocostrizione responsabile di ischemia, ipossia e lisi cellulare. 

 

A sua volta, il dolore così prodotto mantiene l'input anomalo sul midollo spinale e l'ipertono simpatico responsabile, in circolo vizioso, della cronica attivazione dei nocicettori autoalimenta il danno permanente del ganglio spinale. 

 

Bisogna considerare inoltre che il perdurare del dolore da neuro infiammazione per oltre 6 mesi produce modificazioni geniche dei recettori sensibili sia periferici sia centrali per cui il dolore persiste anche in assenza di danno cellulare in ultima analisi il dolore da sintomo fisiologico diventa malattia vera e propria. 

 

In questo caso si parla così di sensibilizzazione periferica e centrale con automantenimento del dolore. 

 

Questo è il motivo per il quale nella malattia post erpetica si assiste ad un dolore importante anche dopo che è avvenuta la completa guarigione delle lesioni cutanee che normalmente dura 30-40 giorni. 

 

Perché alcuni NPH guariscono e altre no 

Alcuni NPH si risolvono (anche spontaneamente) in 3-12 mesi e altre non si risolvono affatto, perché anche se la remissione della flogosi è avvenuta, i danni alla mielina dei gangli sensibili è così importante da determinare dolore cronico. 

 

Possiamo così affermare che la remissione sia possibile a seconda del tipo prevalente di danno neuropatico che la sostiene. 

 

Diagnosi 

Riconoscere tempestivamente la NPH è fondamentale per iniziare un trattamento adeguato e prevenire l'aggravarsi del dolore cronico, che può influire in modo significativo sulla qualità della vita del paziente. 

 

La diagnosi della nevralgia posterpetica (NPH) si basa principalmente sulla valutazione clinica, in quanto non esistono test di laboratorio specifici per confermarla. 

 

È fondamentale raccogliere un'anamnesi accurata e condurre un esame obiettivo mirato per distinguere l'NPH da altre cause di dolore neuropatico. 

 

Nell'indagine anamnestica dovrà risultare la presenza di un episodio precedente di herpes zoster (eruzione cutanea dolorosa, spesso localizzata a livello toracico o del nervo trigemino); 

Dolore che persiste per oltre 3 mesi dall'esordio dell'eruzione cutanea o dalla sua risoluzione; caratteristiche del dolore presente con dolore bruciante, urente o lancinante, presenza di allodinia (dolore evocato da stimoli innocui come un tocco leggero o pressione lieve), iperalgesia cioè dolore amplificato in risposta a stimoli dolorosi. 

 

Obiettivamente saranno presenti cicatrici o discromie residue nella regione colpita da herpes zoster, possibile persistenza di aree iposensibili o ipersensibili sulla pelle, riduzione della sensibilità tattile, termica o dolorifica nella zona interessata, presenza di ipersensibilità (allodinia o iperalgesia) nell'area della distribuzione del nervo colpito. 

 

In rari casi la stessa patologia può presentarsi senza alcuna evidenza delle manifestazioni cutanee (NPH sine erpete) e in questi casi il dubbio può essere svelato eseguendo la titolazione delle immunoglobuline IgM anti-VZV e IgG anti-VZV , un aumento delle prime indicherà un'infezione acuta mentre l'aumento delle seconde confermerà l'immunità pregressa (infezione passata o vaccinazione) o una riattivazione del virus.

 

Terapia dell'herpes zoster e prevenzione della nevralgia post-erpetica Somministrazione precoce ed ad alti dosaggi di antivirali come l'aciclovir e il famciclovir in associazione con vitamina del gruppo B. 

 

Terapia antalgica con FANS ed oppiodi deboli come Tramadolo o Tapentadolo e procedere contemporaneamente con il contrasto degli effetti neurotossici del virus che può essere ottenuto: 

  • 1) controllando il vasospasmo riflesso dei vasi nervorum e quindi il danno ischemico delle fibre nervose; 
  • 2) controllando la flogosi con un trattamento antiflogistico mirato; 
  • 3) bloccando il trasporto assonale del virus dal ganglio alla periferia e al nevrasse. 

 

Queste ultime azioni vanno eseguite entro 30-40 giorni dalla manifestazione erpetica praticando peridurali selettive per il metamero interessato utilizzando anestetico locale e cortisone a lento rilascio, il primo servirà per il blocco del simpatico ed evitare la vasocostrizione, il secondo per effetto esclusivamente antinfiammatorio. 

 

Da dati statistici si evince che l'utilizzo delle infiltrazioni peridurali, eseguite a cadenza settimanale e precocemente, evitano la manifestazione posterpetica in ragione del 60-70%.

 

Terapia della nevralgia post-erpetica 

A neuropatia conclamata in assenza quindi di una fase virale attiva, dobbiamo contrastare unicamente i sintomi negativi della malattia e cioè il dolore, nella speranza che il tempo rimargini le lesioni a carico dei gangli e dei nervi periferici. 

 

Allo scopo vengono utilizzati: 

  • Antiepilettici come la Gabapentina, il pregabalin, la carbamazepina 
  • Oppiodi deboli come Tramadolo, Tapentadolo ed Ossicodone 
  • Anestetici locali in cerotti come la Lidocaina al 5% o la Capsaicina ad alti dosaggi 
  • Antidepressivi come Amitriptilina, SSRI di ultima generazione 
  • Antipsicotici come la flufenazina, l'aloperidolo e soprattutto la clorpromazina 

 

Come accennato in precedenza, l'uso contemporaneo di questi farmaci non è scevro di effetti collaterali spiacevoli ( sonnolenza, vertigini, allucinazioni, perdita dell'appetito, ecc) per cui vanno tutti titolati iniziando con dosaggi bassi e via via aumento posologici ben studiati. 

 

Quindi la terapia sarà “sartoriale” considerando le comorbilità del paziente, l'età considerando che spesso si tratta di pazienti anziani e fragili.

 

A volte si registrano insuccessi clamorosi o per intolleranza farmacologica o per inefficacia completa dei farmaci prescritti; in questi casi vengono intraprese terapie di tipo mininvasivo come la radiofrequenza pulsata dei gangli spinali mediante aghi dedicati o blocchi antalgici ripetuti però di scarsa efficacia. 

 

Attualmente si sono avuti successi veramente incoraggianti utilizzando l'elettrostimolazione gangliare che consiste nel posizionare tramite approccio peridurale , a ridosso del ganglio spinale interessato, un catetere con 4 poli elettrodi che successivamente viene collegato a batteria esterna ( 1° tempo) . 

 

L'effetto è quello di un blocco elettrico della trasmissione neuronale degli impulsi nocicettivi verso l'encefalo, in caso di effetto positivo con analgesia superiore al 50% il paziente viene sottoposto ad impianto definitivo di batteria sottocutanea ( 2° tempo). 

 

Quest'ultima tecnica si è rilevata molto utile in casi davvero disperati donando analgesia insperata con ottima soddisfazione da parte del paziente. 

 

Vaccinazione per Herpes Zoster 

La vaccinazione contro l'herpes zoster rappresenta una strategia fondamentale per prevenire l'insorgenza del fuoco di Sant'Antonio (herpes zoster) e delle sue complicanze, tra cui la nevralgia posterpetica (NPH). 

 

È particolarmente importante nelle persone anziane o in quelle a rischio di immunosoppressione, poiché il rischio di sviluppare l'herpes zoster aumenta con l'età e con un sistema immunitario indebolito. 

 

Attualmente, sono disponibili i due principali vaccini per la prevenzione dell'herpes zoster:

 

A. Vaccino ricombinante (ad alto effetto) - Shingrix 

È un vaccino ricombinante a subunità contenente la glicoproteina E del virus varicella-zoster e un adiuvante che stimola una forte risposta immunitaria . 

 

Somministrazione: Due dosi, a distanza di 2-6 mesi l'una dall'altra. 

Offre una protezione superiore al 90% contro l'herpes zoster e la nevralgia posterpetica e mantiene una buona efficacia anche negli anziani sopra i 70 anni con una durata per almeno 10 anni. 

 

Raccomandato per le persone sopra i 50 anni e per adulti immunocompromessi (ad es. pazienti oncologici, con HIV o in terapia immunosoppressiva). 

 

B. Vaccino vivo attenuato - Zostavax 

E' un vaccino vivo attenuato contenente il virus varicella-zoster in forma indebolita. 

Somministrazione: Una singola dose. 

Riduce il rischio di herpes zoster del 51% e di nevralgia posterpetica del 67%. 

L'efficacia diminuisce con l'età, specialmente nei pazienti oltre i 70 anni con protezione stimata per circa 5 anni. 

 

Vaccinazione per pazienti in Posterpetica 

Nei pazienti affetti da nevralgia posterpetica (NPH), la vaccinazione contro l'herpes zoster ha un ruolo limitato nella gestione del dolore cronico già presente, ma può essere utile per prevenire future recidive dell'herpes zoster in soggetti a rischio . 

 

È importante sottolineare che il vaccino non cura la nevralgia posterpetica, poiché questa è una complicanza residua di un'infezione pregressa; tuttavia, la vaccinazione può avere benefici preventivi in ​​termini di riattivazione del virus varicella-zoster. 

 

La vaccinazione è indicata nei pazienti che non hanno un'infezione attiva e che hanno già superato la fase acuta dell'herpes zoster. 

 

Deve essere somministrata solo quando il paziente è stabilizzato e non presenta segni di infezione attiva. 

 

Per i pazienti con nevralgia posterpetica si raccomanda il vaccino ricombinante Shingrix (non vivo), in quanto: 

È sicuro per soggetti con NPH, inclusi quelli immunocompromessi. 

Offre una protezione superiore contro l'herpes zoster rispetto al vaccino vivo attenuato (Zostavax). 

Non riattiva il virus, poiché non contiene particelle virali vive. 

 

È necessario attendere che i sintomi della fase acuta dell'herpes zoster (rash cutaneo e dolore acuto) si siano risolti prima di vaccinare. 

 

La vaccinazione può essere somministrata anche a chi ha già sviluppato la nevralgia posterpetica, purché trascorse diverse settimane o mesi dall'episodio di herpes zoster e il paziente sia in una fase stabile.

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